Phu Quoc, motorino e pepe

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Ultimo giorno sul Mekong passato a far 30km in bici (fermandoci a mangiare dalla vecia del giorno prima, che era felicissima di vederci) e poi a rilassarci in piscina.

Giorno seguente altro volo per l’isola di Phu Quoc. Avete presente i resort lusso sulla spiaggia tropicale con acque trasparenti, piscinosi, pieni di lusso, bagni enormi, materiali pregiati, riverenza e pieni de occidentali nelle spiagge tropicali con acque calme e trasparenti?

Ecco, dimenticatevelo perché per gli ultimi giorni ho prenotato un bungalow super easy nella parte est dell’isola che è la parte meno conosciuta e meno frequentata (per fortuna a Denny è piaciuta la scelta).

Arrivati all’entrata ad accoglierci Lucy, Lio ed il vicino Kiwi (era destino)… no, non sono i proprietari ma i loro canetti.

Mentre il proprietario ci spiega come funzionano gli unici tre bungalow che ha, noi abbiamo occhi e mani solo per i tre cani, che non vedevano l’ora di trovare qualcuno da sbaciucchiare. Sì, è decisamente il nostro paradiso: i cani, la sabbia, tre bungalow super semplici, un piccolo baretto, le palme, il mare, quattro ospiti, niente karaoke e silenzio.

Arriviamo che è quasi buio, c’è molto vento ed il mare molto mosso: birretta sull’amaca.

La mattina ci svegliamo (spontaneamente) presto, così apriamo le porte della nostra micro casa e stesi a letto con il caffè guardiamo l’alba ed il mare. È il mio compleanno e non potrei essere nel posto più perfetto.

Come il nostro solito non possiamo stare solo qui fermi, l’isola è grande… ci sarà qualcosa da vedere! Scooter e via. Prima tappa la spiaggia più famosa (quella dei resort che vi dicevo prima). Bella eh, anzi, sarebbe bella eh se non ci fossero tantisssssssime persone e gente che vende cose e soprattutto se girandoti o superando appena il resort non ci fossero montagne di monnezze. Mi piange il cuore, e ci spiegherà poi Jemie che se un abitante vuole un cassonetto fuori casa deve pagare 20 euro al mese (che è una cifra esorbitante calcolando il loro guadagno), quindi per loro è “naturale” buttare per terra, sul fiume o al massimo bruciare e i resort raccolgono ma poi buttano appena dietro…

Andiamo a mangiare su un’altra spiaggia, pressoché deserta e ancora più bella, ma anche qui la plastica seppur in meno quantità è comunque tanto presente e mi chiedo come sia possibile che loro non si accorgano di quanto sia anche solo brutta da vedere.

Proseguiamo il giro andando a vedere la prigione: questa venne costruita dai francesi alla fine degli anni 40 per imprigionare i dissidenti politici vietnamiti ed in seguito utilizzata durante la Guerra del Vietnam per la detenzione dei Vietcong e dei soldati nord-vietnamiti catturati (le gabbie fanno impressione).

Tra una scooterata e l’altra ci fermiamo al mercato locale, dove tra pesce e uova trovo due ragazzi che cercando di dare una pastiglia ad un gatto ma non ci riescono, così gli dico “vi aiuto io” e mi lasciano fare. Zac e tac somministrata la pastiglia per i vermi. Felici mi ringraziano.

È quasi ora del tramonto e rientrando verso casa andiamo a vedere la più grande pagoda di Phu Quoc; un sito immenso, pieno di pace, profumo d’incenso e spiritualità. (Anche qui troviamo una cannetta di un mese molto assetata e quindi le diamo da bere la nostra acqua sotto gli occhi vigili della mamma ammalata). Torniamo dal nostro Jamie e ci fiondiamo a letto cotti (per il sole e la stanchezza).

Sveglia di nuovo all’alba, non lo facciamo apposta ma probabilmente il nostro corpo ci dice che non possiamo perderci questo spettacolo unico della natura. Restiamo ammirati a guardare.

Colazione, scooter e via a vedere un’azienda agricola di pepe: tra i pepi più famosi al mondo ci sono proprio quelli di Phu Quoc. Una famigliola ci accoglie e ci dice (a gesti) di fare quello che vogliamo e girare ovunque; così girovaghiamo tra gli alberi di pepe, banani e piccole ananas rosa. Una signora sta raccogliendo il pepe rosso e lo mette a seccare al sole.

Proseguendo sulla terra rossa sabbiosa arriviamo alla Starfish beach: incantevole spiaggia pulita (finalmente) con due, tre piccoli ristorantini (baracche) sull’acqua, un baretto e poco altro. La trovo la spiaggia più autentica, l’acqua è calma e trasparente e ci sono una distesa di stelle marine. Alcuni bambini le prendono in mano per giocare, ma per fortuna il ragazzo del bar li redarguisce dicendogli di lasciarle in acqua… le stelle marine non vanno fatte uscire dall’acqua e non andrebbero toccate perché respirano dalla pelle e le sostanze che noi lasciamo non le fanno traspirare; sono animali vivi (giusto per ricordarvelo).

Passiamo il resto della giornata qui, con pochissima gente ed il dolce suono del mare. Denny dormicchia e io penso a quanto possa dare quest’isola nella speranza, però, che non la trasformino nella Phuket vietnamita.

Lo spero tanto.

Buon compleanno a me

La spiaggia più famosa e le sue monnezze

Le gabbie per i prigionieri

La piccola Lucy

Incenso al tempio

Lady Buddha

La pagoda sul mare

DennyBoy in versione local dopo il pranzo dai local

Il nostro bungalow

L’alba dal nostro bungalow

Paesaggio da casina

Il famoso pepe di Phu Quoc

Denny tra i pepi

Ananas rosa

Paesaggio sulla starfish beach

Alcune stelle marine

DennyBoy in ammollo